di Paolo Santanelli
Anche se si sta
cercando a tutti i costi di inculcare nella mente degli italiani che l'unico
vero vincitore di questa recente competizione elettorale sia stato il M5S,
basta guardare attentamente i risultati per comprendere che invece ad avere
trionfato è stata e senza dubbio alcuno, la Lega di Salvini che rispetto al
seppur considerevole incremento del 27,8% dei pentastellati (dal 25,5% del 2013
al 32,6% del 2018) ha fatto impallidire qualsiasi ipotesi di un loro successo,
registrando un aumento percentuale delle sue preferenze del 424%, passando così da
un esiguo 4,1% delle politiche del 2013 ad un trionfale 17,4% nel 2018. Salvini
allora, che fino ad ieri era considerato dalla frangia più radicale delle
camice verdi un traditore della causa “secessionista-federalista”, oggi
con il successo elettorale del suo progetto sovranista nazional-popolare di
deriva lepenista, diviene il “leitmotiv” politico non solo della
compagine padana ma di gran parte della destra italiana che da anni aspettava
qualcuno in grado di riproporre con orgoglio e fierezza i grandi temi della
destra missina in difesa dell’identità nazionale culturale e religiosa, della
legalità, della famiglia, della solidarietà, della vita, della patria e della
bandiera. Tutti temi questi che negli ultimi 30 anni una certa corrente
politica ha preferito mettere in soffitta solo per fondarci il proprio successo
elettorale, rivivificando fantasmi del passato con spettri di governi
autoritari, lotta di classe, odio e violenza politica.
Con queste premesse
ed in considerazione dell’eterogeneità delle due principali forze politiche,
appare però veramente poco probabile che sarà possibile costituire una
maggioranza stabile di Governo, per cui il ricorso ad un governo di scopo su
larghe intese sarà l’unica soluzione possibile in attesa di cambiare la legge
elettorale per tornare quanto prima alle urne (occorrerà solo capire
l’estensione cronologica di quel “quanto prima” non avendo mai visto dei politici
buttare all’aria i benefici elettivi prima della scadenza naturale del loro
mandato).
Considerando allora
l’atipica distribuzione territoriale del voto che ha visto il M5S fare l’en
plein al sud, in un’ipotesi di questo tipo, la Lega di Salvini potrebbe essere
allora l’unico partito a poterne beneficiare, antagonizzando e strappando
consensi al sud ad un M5S svergognato dall’inattuabilità del reddito di
cittadinanza. È difatti grazie ai voti del meridione che il leader del
Carroccio in questa tornata elettorale è riuscito a superare Forza Italia
recuperando ben 23 deputati e quindi è solo qui che potrà incrementare il suo
consenso ai danni dei pentastellati, convincendo i meridionali della genuinità
del proprio progetto con azioni e scelte giuste, volte prima di tutto alla
valorizzazione del territorio.
La parola ora passa
ovviamente all’establishment della Lega che avrà a mio avviso l’importante ed
indifferibile compito di veicolare nel possibile il maggior numero di incarichi
parlamentari al sud, coinvolgendo attraverso i suoi eletti sul territorio,
figure di riferimento e carisma nell’ambito culturale, professionale, politico
e sociale, vicine al partito, dando così un senso al termine meritocrazia di
modo tale che non resti una semplice “formula
sine materia”.
E’ giusto allora
aspettarsi una chiamata alle armi di tutte le forze conservatrici e sovraniste
meridionali che fin da troppo tempo orfane di riferimenti identitari, aspettano
solo “una patria dove combattere per le proprie idee”.